Vangelo
In quel tempo, 60 molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?” 61 Gesù, sapendo dentro di Sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: “Questo vi scandalizza? 62 E se vedeste il Figlio dell’Uomo salire là dov’era prima? 63 È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che Io vi ho detto sono spirito e sono vita. 64 Ma tra voi vi sono alcuni che non credono”. Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che Lo avrebbe tradito. 65 E diceva: “Per questo vi ho detto che nessuno può venire a Me, se non gli è concesso dal Padre”. 66 Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con Lui. 67 Disse allora Gesù ai Dodici: “Volete andarvene anche voi?” 68 Gli rispose Simon Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69 e noi abbiamo creduto e conosciuto che Tu sei il Santo di Dio” (Gv 6, 60-69).
“Signore, da chi andremo?”…
In un episodio decisivo nell’annuncio del Regno di Dio, i discepoli si divisero tra coloro che si scandalizzarono per le parole di Gesù e coloro che, anche senza capirle, le accettarono con un atto di fede.
I – Gesù è il “pane della vita”
La contraddizione dei Giudei
“Come può costui darci la sua Carne da mangiare?” (Gv 6, 52) – si chiedevano l’un l’altro i Giudei dopo che ebbero udito Gesù far riferimento al Sacramento dell’Eucaristia. Ed Egli rispose loro: “se non mangiate la Carne del Figlio dell’Uomo e non bevete il suo Sangue, non avrete in voi la vita” (Gv 6, 53).
Con una fede insufficiente, come potrebbero arrivare a comprendere il vero significato delle rivelazioni fatte dal Messia?
I Giudei non volevano ammettere che il Divino Redentore potesse autoproclamarSi “pane della vita” (Gv 6, 48). Di fatto, Egli lo è, tanto per la divinità, come pure per la sua umanità. In quanto Dio, Egli crea, sostenta nell’essere e alimenta tutti i viventi. Assumendo un corpo, la sua Carne è vivificante perché è il Verbo di Dio. Come il ferro diventa incandescente quando viene introdotto nel fuoco, acquisendo la sostanza e le proprietà di questo senza smettere di essere ferro, così il sacro Corpo di Gesù è unito alla natura divina. Per questo, senza l’Eucaristia, l’uomo può aver vita naturale, ma non la vita eterna.
Oggi ci rendiamo conto di come il rifiuto dei Giudei al prezioso invito di Gesù costituisca un mistero. I loro predecessori avevano adorato non pochi dèi falsi, oltre ad aver accettato le più assurde dottrine. Quando Si presentò loro il vero Dio, che Si offriva come alimento di immortalità, la loro reazione fu di ripulsa.
Mentre Mosè saliva sul Monte Sinai per ricevere le Tavole della Legge, gli Israeliti si trovavano in sua attesa ai piedi della montagna. Siccome tardava molto a scendere ed il popolo era ormai stanco, ad Aronne fu richiesto di fare un dio visibile che essi potessero seguire, e che li precedesse nei loro spostamenti (cfr. Es 32, 1). In fondo volevano avere un Dio – un Elohim, il Dio vero che creò il Cielo e la Terra – sotto forma visibile. Ora, ciò che Gesù offre loro in questo discorso eucaristico del capitolo sesto di San Giovanni è esattamente questo: “Io sono il pane vivo, disceso dal Cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno” (Gv 6, 51).
È un paradosso: quello che i Giudei chiesero ad Aronne, lo riceviamo noi. Sì, nell’Eucaristia c’è l’Elohim sotto le specie visibili. Con una grande differenza: i Giudei ritennero che fosse possibile operare questa meraviglia con mani umane e noi invece crediamo, con tutta la fede, che ciò si realizzi esclusivamente per autorità divina: “fate questo in memoria di Me” (Lc 22, 19). La cosa curiosa è che i Giudei pur ritenendo possibile che questo grande mistero si realizzasse attraverso forze naturali ed umane, nel contempo non credettero che Dio onnipotente fosse capace di concretizzarlo.
Mistero della Fede
Nelle stesse parole di Cristo troviamo un grandioso mistero: “Caro enim mea verus est cibus, et sanguis meus verus est potus – La mia Carne è vero cibo e il mio Sangue vera bevanda” (Gv 6, 55).
Ascoltiamo San Tommaso: “Che il vero Corpo e Sangue di Cristo siano nel Sacramento non si può apprendere coi sensi, ma soltanto con la fede, che si appoggia sull’autorità divina”.1
Il nodo del problema è che “ogni conversione che avviene secondo le leggi della natura è formale”.2 Ora, nel caso dell’Eucaristia dobbiamo considerare che l’azione di Dio “abbraccia tutta la natura dell’essere. Pertanto, Egli può realizzare non solo la trasformazione formale […], ma anche quella di tutto l’essere, così la sua sostanza si trasforma in tutta la sostanza dell’altro essere. E, in questo Sacramento, ciò si realizza tramite il potere divino. Effettivamente, tutta la sostanza del pane si converte in tutta la sostanza del Corpo di Cristo, al medesimo modo, quella del vino, si converte in tutta la sostanza del Sangue di Cristo. Pertanto, questa conversione non è formale, ma sostanziale. […] si può chiamare col nome appropriato di ‘transustanziazione’”.3
Oltre ciò, dobbiamo considerare che le dimensioni dell’Ostia consacrata non corrispondono a quelle del Corpo di Nostro Signore. Essa continua ad avere le stesse misure che le erano proprie, quando in essa si trovava la sostanza pane.4 Tuttavia “è assolutamente necessario confessare, in accordo con la Fede Cattolica, che Cristo sta, nella sua interezza, in questo Sacramento”.5
II – Parole accolte con mormorazione
Incredulità di molti discepoli
In quel tempo, 60 molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”
Ecco perché molti discepoli che Lo udirono dissero questo. È mancato loro di intonare il canto: “Præstet fides supplementum, sensuum defectui – Che la fede completi l’insufficienza dei sensi”, come dice il canto del Pange lingua. Oppure “Visus, tactus, gustus in te fallitur, sed auditu solo tuto creditur – La vista, il tatto, il gusto qui s’ingannano, ma solo per quello che odo, credo fermamente”, nei versetti del Adoro Te devote.
Maldonado,6 che è vissuto in tempi turbolenti, è rigido nei suoi commenti, sottolineando che è proprio degli eretici interpretare i misteri divini in funzione della loro capacità di comprensione. Così, non capendo nessuna verità relativa a Dio o alla Religione, la qualificano come “farneticazione”.
61 Gesù, sapendo dentro di Sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: “Questo vi scandalizza?”
Gesù è il Verbo Eterno e Incarnato, pertanto con una preveggenza inimmaginabile conosceva, nei particolari, la mormorazione dei discepoli, la quale rompeva la precedente unione esistente tra loro, tutta fatta d’ammirazione.
Gesù mira a biasimare o ad evitare lo scandalo?
62 “E se vedeste il Figlio dell’Uomo salire là dov’era prima?”
Maldonado7 ammette che è molto difficile interpretare in modo inequivocabile il versetto in questione, perché si tratta di una frase interrogativa e, nel contempo, concisa. Ci sono due interpretazioni possibili: o Gesù voleva dire che, nel vederLo durante la Ascensione, avrebbero compreso ciò che Egli stesso aveva affermato, che il suo Sangue è vera bevanda e la sua Carne vero cibo; oppure che, dopo aver assistito alla sua ascesa al Cielo, si sarebbero scandalizzati ancora di più.
Facilitare l’assimilazione del dogma
Ricorda ancora Maldonado8 che sono diversi gli autori che adottano la prima di queste ipotesi, ma divergono tra loro su quale dei dogmi formulati da Gesù nel suo discorso eucaristico avrebbe acquisito un grado maggiore di certezza presso il popolo. Alcuni ritengono che, con l’Ascensione, sarebbe diventata facilmente assimilabile la nozione della sua discesa dal Cielo. Altri sono dell’opinione che, nel vedere il ritorno di Gesù al Padre, immediatamente si sarebbero resi conto della sua divinità e, in questo caso, avrebbero ammesso anche la transustanziazione del pane e del vino realmente nella Carne e nel Sangue di Dio. Vediamo, a questo riguardo, quello che ci dicono due illustri Padri della Chiesa:
San Giovanni Crisostomo commenta: “Mormoravano, dicendo: ‘Non è questo il figlio di Giuseppe?’. Da cui s’intende che non conoscevano ancora la sua mirabile e straordinaria generazione, e per questo Lo chiamavano figlio di Giuseppe. Non li rimprovera quando dicono questo, non perché lo fosse, ma perché non avevano le disposizioni per ascoltare quella meravigliosa concezione. […] Se dicendo ‘sono sceso dal Cielo’ si scandalizzarono, cosa avrebbero fatto se avesse anche aggiunto questo [che Egli procede da Dio]? Egli chiama Se stesso ‘pane della vita’ perché sostiene la nostra vita, questa e la futura. Per questa ragione aggiunse: ‘chi mangia questo pane vivrà in eterno’”.9
E Sant’Agostino: “E se ‘vedeste il Figlio dell’Uomo ascendere dov’era prima’? Che significano queste parole? Risolvono la loro difficoltà? Sciolgono il dubbio che li ha scandalizzati? Queste parole certamente avrebbero chiarito, se essi le avessero comprese. Credevano che Egli volesse dare loro in cibo il suo Corpo; Egli dice che salirà in Cielo, e vi salirà tutto intero: ‘Quando vedrete il Figlio dell’Uomo ascendere dov’era prima’, allora crederete che Egli non distribuisce il suo Corpo nel modo che voi credete”.10
Rimprovero ai Giudei
Maldonado contesta queste varie supposizioni, manifestandosi favorevole all’ipotesi che questo versetto costituisca un rimprovero ai Giudei e non un semplice insegnamento o l’offerta di una prova. Secondo lui, il procedimento abituale del Divino Maestro con gli increduli, che non accettavano punti minimi della Fede, era di porre loro sempre una domanda: “Se vi ho parlato di cose della Terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del Cielo?” (Gv 3, 12).
Nel versetto che qui commentiamo, Gesù Si denomina Figlio dell’Uomo, per rendere chiara l’esistenza dell’unione delle due nature, la divina e l’umana, nella sua Persona, perché dai Cieli è disceso come Dio per ritornarvi come Uomo.
III – L’alimento che vivifica
63a “È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla…”
Nel corso dei secoli si sono moltiplicate, tra i commentatori, varie interpretazioni su questo versetto. La migliore ci sembra essere quella del Vescovo di Ippona:
“Che senso ha quest’affermazione: ‘la carne non giova a nulla’? A nulla giova nel senso in cui i Giudei l’hanno intesa: carne morta, tagliata o venduta in macelleria, e non in quanto la carne ha vita, che le è comunicata dallo Spirito. […] Così succede con l’espressione: ‘la carne a nulla giova’, quando è considerata isolatamente. Si unisca lo Spirito alla carne, come si unisce la carità alla scienza, e la carne giova in un modo straordinario. Se essa non giovasse a nulla, il Verbo non Si sarebbe fatto carne per abitare tra noi. Se Cristo ci ha giovato molto per mezzo della carne, come si può dire che la carne non giova a nulla? Ma lo Spirito ha fatto ciò che ha fatto in ordine alla nostra salvezza, per mezzo della carne. La carne era un vaso. Tiene conto di quello che il vaso racchiudeva, e non della natura dello stesso vaso”.11
Alimento spirituale e materiale
Non è un’esagerazione ritenere che l’alimento materiale sia stato creato per lo sviluppo e il sostentamento organico dell’uomo, col fine di costituire un paradigma per l’istituzione dell’Eucaristia. Vi è, intanto, una distinzione tra l’alimento materiale e quello spirituale. Il primo produce in noi i suoi effetti, convertendosi in sostanza del nostro organismo, nel momento in cui è da questo assimilato. Col secondo succede esattamente il contrario: noi siamo assunti da lui, come dice Sant’Agostino: “La virtù propria di questo nutrimento è quella di produrre l’unità, affinché, ridotti a essere il Corpo di Cristo, divenuti sue membra, siamo ciò che riceviamo”.12
Con l’Eucaristia diveniamo altri Cristi
Per mezzo dell’Eucaristia, partecipiamo non soltanto della vita di Gesù ma di tutto il tesoro del suo Sacro Cuore, dei meriti della sua orazione, sacrificio, ecc. Questa realtà mistica suscita slanci di entusiasmo nelle anime dei Beati: “Per venire al mondo al fine di redimerci, Dio Si è fatto Uomo. Quando tu vai all’altare e Lo ricevi, sei tu che ti trasformi in Lui. E se dicessi che ti fai Cristo, non mentiresti”.13
D’altro canto, quando ci comunichiamo, diveniamo parte di Cristo: “Quando ti comunichi, […] diventi membro del Corpo di Cristo […]. Come la mano è parte del corpo, vive e si nutre di lui, così fai parte di Cristo, vivi e ti nutri di Lui, incorporandoti attraverso la Comunione in Cristo, come il membro nel corpo”.14
Ora, se l’Eucaristia, per così dire, ci trasforma in Nostro Signore Gesù Cristo, la nostra stessa vita morale sarà anche lei partecipe della sua santità. Non è senza fondamento che si afferma: “Christianus alter Christus – Il cristiano è un altro Cristo”, poiché, realmente, mediante il Battesimo diveniamo altri Cristi e l’Eucaristia va a poco a poco riproducendo in noi gli stessi sentimenti e virtù proprie dell’Uomo-Dio. Con il tempo, e con l’assidua frequenza a questo Sacramento, penseremo, ameremo e agiremo proprio come Lui stesso. La nostra carità, umiltà, obbedienza e le altre virtù saranno simili a quelle di Lui.
Antidoto contro il peccato e forza morale per la lotta
Oltre a questo, l’Eucaristia è un grande antidoto contro il peccato, dunque, secondo San Tommaso d’Aquino,15 più che a conferirci la grazia, essa – che contiene il proprio Autore della grazia, Cristo Gesù – aumenta in noi la carità, diminuisce la concupiscenza, accresce la devozione, perdona i peccati veniali, ecc.
Questo Sacramento produce i suoi frutti, nell’anima che lo riceve, “ex opere operato” ossia, operando da se stesso. Nel frattempo, i suoi effetti possono essere eccellenti in un grado maggiore o minore, in funzione delle disposizioni con le quali è ricevuto. Quanto più attenta e curata sarà la preparazione interiore, tanto più elevati saranno i vantaggi spirituali acquisiti. La rottura e la rinuncia esplicita a quanto possa inclinarci al peccato costituisce la condizione essenziale per ottenere la pienezza delle grazie conferite dalla Comunione Eucaristica.
D’altra parte, non ci dobbiamo turbare a causa delle nostre debolezze e imperfezioni, perché esse non ci impediscono di approssimarci alla Sacra Mensa, al contrario, il Pane Vivo ci darà forza morale per la lotta. Si tratti pure di un vanitoso, un arrogante, un pigro o un debole, nell’Eucaristia egli troverà l’ispirazione e l’energia per seguire il cammino giusto.
D’altronde, nella nostra vita spirituale non sono poche le battaglie che dobbiamo affrontare contro il demonio, il mondo e la carne: “Si richiede la forza dello spirito per resistere a simili difficoltà, allo stesso modo come l’uomo supera e respinge, con la forza corporale, gli ostacoli fisici”.16 Ora, dove cercare questo rinvigorimento se non nell’Eucaristia?
“O salutaris Hostia, […] bella premunt hostilia, da robur, fer auxilium” – canta così bene a proposito l’immortale inno eucaristico – “O Ostia salvatrice, […] i nostri nemici incalzano guerre ostili. Dacci la forza di resistere, portaci aiuto”.
63b “…le parole che Io vi ho detto sono spirito e sono vita”.
Ossia – commenta San Giovanni Crisostomo –, “quando parliamo di cose spirituali, che non ci sia niente di terreno nelle nostre anime, e che tutto questo stia da parte, sia bandito tutto quanto di questa specie, e dedichiamoci interamente ad ascoltare le parole divine”.17
IV – Credere per essere vivificato
64 “Ma tra voi vi sono alcuni che non credono”. Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che Lo avrebbe tradito.
Uno dei migliori commenti a questo versetto è fatto da Sant’Agostino. Egli afferma che Gesù non Si è riferito alla mancanza di intendimento, per voler denunciare direttamente la causa, ossia, la mancanza di fede in questi “alcuni”. Con molta lucidità dimostra che non possono essere vivificati coloro che oppongono resistenza alla fede. E, come conseguenza, diventano ottusi alla comprensione: “Chi non aderisce, resiste; chi resiste, non crede. E come può essere vivificato chi resiste? […] Credano e i loro occhi saranno aperti; si aprano gli occhi e saranno illuminati”.18
A chi fosse rivolto questo “tra voi vi sono alcuni”, lo dice Maldonado: “A questo proposito condivido di più l’opinione di Crisostomo, che estende a tutti i discepoli e a coloro che Lo ascoltavano la portata della protesta di Cristo, ma esclude da questo numero gli Apostoli, appoggiandosi al senso generale della polemica, che obbliga a considerare Cristo a confronto con coloro che si erano offesi per le sue parole”.19
Secondo alcuni autori, Giovanni affermando che Gesù “sapeva fin da principio”, volle riferirsi alla conoscenza eterna di Lui come Seconda Persona della Santissima Trinità. Altri, tuttavia, interpretano in maniera differente e ritengono che Giovanni abbia indicato con la parola “principio” il momento che precedette le maldicenze tra quelli che Lo stavano ascoltando.
65 E diceva: “Per questo vi ho detto che nessuno può venire a Me, se non gli è concesso dal Padre”. 66 Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con Lui.
Chi, con precisione e sintesi, commenta questi due versetti è padre Manuel de Tuya: “Ma questi insegnamenti di Cristo non trovarono in ‘molti’ dei suoi discepoli quell’attitudine di fede e sottomissione richieste. E le parole che essi qualificarono come ‘dure’ indurirono loro la vita. E non ‘credettero’ in Lui. Abbandonarono Cristo ‘da allora’ – sia nel senso causale (cfr. Gv 19, 12), sia nel senso temporale (cfr. Gv 19, 27), anche se entrambi i sensi qui si uniscono, perché, sia nel senso di ‘allora’ o ‘a partire da allora’, fu precisamente ‘a causa di questo’. In un attimo ruppero con Lui, si tirarono indietro, e già ‘non Lo seguivano più’”.20
Gesù mette alla prova gli Apostoli
67 Disse allora Gesù ai Dodici: “Volete andarvene anche voi?”
C’è un determinato momento del cammino verso il Regno in cui diventa necessaria, da parte nostra, un’adesione cosciente ed esplicita.
Gesù, con una delicatezza divina, fa presente ai suoi Apostoli il problema. Egli comprendeva quanto piacesse all’uomo il sostegno delle sue amicizie, ma capiva, dall’altro lato, la ferma decisione previamente presa da loro di seguirLo, cosa che Gli permetteva di fare questa domanda perché diventasse esplicita la loro adesione alla sua Persona.
La risposta di Pietro
68 Gli rispose Simon Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna…”
Ancora una volta, interpretando il desiderio di tutti, è San Pietro che prende la parola per rispondere al Divino Maestro. Tertulliano affermerà più tardi: “O testimonium animæ humanæ naturaliter christianæ! 21 – O testimonio dell’anima, naturalmente cristiana!”. Infatti, coscientemente o inconsciamente, quando cerchiamo di ottenere beni che ci porteranno la felicità, è a Cristo che noi ci rivolgiamo. Nessuno, come Lui, ha parole di vita eterna. A questo proposito, commenta Sant’Agostino 22 che in forma implicita, Pietro chiede a Gesù di concedere loro un altro Se stesso, nel caso li mandasse via.
Bell’esempio per noi, secondo San Giovanni Crisostomo,23 quando vediamo i nostri fratelli abbandonare la Fede. Anche se restiamo in pochi, o addirittura rimaniamo da soli, dobbiamo conservarci pienamente fedeli, perché chi o cosa ci darà la felicità all’infuori di Cristo?
69 “…e noi abbiamo creduto e conosciuto che Tu sei il Santo di Dio”.
Sant’Agostino24 evidenzia che Pietro, per prima cosa, manifesta il suo credo, “abbiamo creduto”, per dire, in seguito che, a causa di questo, intende, “e conosciuto”. Secondo il Vescovo di Ippona, se fosse il contrario, non conoscerebbe e neppure crederebbe.
Questa dichiarazione di Pietro è una sintesi della nostra Fede: Gesù Cristo è il Figlio del Dio vivente, “il Santo di Dio”, ed, evidentemente, accettando quello che Lui insegna si arriva alla pienezza di questa virtù.
V – La virtù dell’obbedienza
Essendo Dio Signore di tutto il creato, gli esseri intelligenti – Angeli e uomini – hanno l’obbligo di riconoscere, amare e servire quest’autorità. Così gli esseri inanimati procedono per la propria natura, e gli irrazionali, in modo istintivo. Egli è Signore di tutte le nostre facoltà e, soprattutto, del nostro intendimento e della nostra volontà. Da qui San Giovanni della Croce25 ha affermato che al tramonto di questa vita saremo giudicati in base all’amore, perché siamo obbligati a volere ciò che Dio desidera che vogliamo.26 Ora, nell’ordine dell’universo è inclusa la volontà dell’uomo la quale, per essere libera, deve essere in armonia con quella di Dio attraverso la virtù dell’obbedienza.27 Quest’ultima non è una virtù superiore alle teologali: fede, speranza e carità. È comunque un mezzo veloce per unirci a Dio ed essere graditissimi a Lui. Attraverso l’obbedienza ci rimettiamo nelle sue adorabili mani con un valore senz’altro più grande di qualsiasi sacrificio da parte nostra:28 “se uno subisse il martirio, o distribuisse tutti i suoi beni ai poveri, se non ordinasse tutto questo al compimento della volontà di Dio, che direttamente appartiene all’obbedienza, i suoi atti non potrebbero essere meritori. […] Poiché sta scritto: ‘Chi dice di conoscere Dio e non osserva i suoi Comandamenti è bugiardo’”.29
Qui è messo bene a fuoco l’invito alla pratica dell’obbedienza che ci è fatto nella Liturgia di questa 21ª Domenica del Tempo Ordinario: nella prima lettura (Gs 24, 1-2a.15-17.18b), nelle parole di Giosuè: “Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore” (24, 15), ottenendo dal popolo la risposta: “anche noi serviremo il Signore, perché Egli è il nostro Dio” (24, 18); nella seconda lettura (Ef 5, 21-32), lettera di Paolo: “Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri […], così come Cristo è Capo della Chiesa, Lui che è salvatore del Corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo […]. Come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato Se stesso per lei” (Ef 5, 21.23-25); e, soprattutto, nel Vangelo a proposito della fede, causandoci perplessità quell’apostasia di “molti dei suoi discepoli”, che si rifiutarono di credere, di conseguenza, di obbedire.
Eccellente occasione per un esame di coscienza per chi vive nella nostra epoca, il quale si deve chiedere: quale il grado di fede e di sottomissione a Dio, alla Chiesa e al Vangelo da parte dell’uomo dei tempi moderni?
1) SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. III, q.75, a.1.
2) Idem, a.4.
3) Idem, ibidem.
4) Cfr. Idem, q.76, a.4.
5) Idem, a.1.
6) Cfr. MALDONADO, SJ, Juan de. Comentarios a los Cuatro Evangelios.
Evangelio de San Juan. Madrid: BAC, 1954, v.III, p.437.
7) Cfr. Idem, p.438.
8) Cfr. Idem, p.438-439.
9) SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Homilía XLVI, n.1. In:
Homilías sobre el Evangelio de San Juan (30-60). Madrid:
Ciudad Nueva, 2001, v.II, p.174-175.
10) SANT’AGOSTINO. In Ioannis Evangelium. Tractatus XXVII, n.3.
In: Obras. Madrid: BAC, 1955, v.XIII, p.681.
11) Idem, n.5, p.683.
12) SANT’AGOSTINO. Sermo LVII, n.7. In: Obras. Madrid:
BAC, 1983, v.X, p.137.
13) SAN GIOVANNI D’ÁVILA. Sermones del Santísimo Sacramento.
Octava de Corpus. Sermón LVIII. In: Obras Completas. Madrid:
BAC, 1953, v.II, p.921.
14) Idem, p.922.
15) Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., q.79, a.1.
16) Idem, II-II, q.123, a.1.
17) SAN GIOVANNI CRISTOSTOMO. Homilía XLVII, n.1.
In: Homilías sobre el Evangelio de San Juan
(30-60), op. cit., p.183.
18) SANT’AGOSTINO, In Ioannis Evangelium, op. cit., n.7, p.685.
19) MALDONADO, op. cit., p.449.
20) TUYA, OP, Manuel de. Biblia Comentada. Evangelios.
Madrid: BAC, 1964, v.V, p.1116-1117.
21) TERTULIANO. Apologeticum, XVII: ML 1, 377.
22) Cfr. SANT’AGOSTINO, In Ioannis Evangelium, op. cit., n.9, p.687.
23) Cfr. SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Homilía XLVI, n.2.
In: Homilías sobre el Evangelio de San Juan
(30-60), op. cit., p.177-178.
24) Cfr. SANT’AGOSTINO, In Ioannis Evangelium,
op. cit., n.9, p.687-689.
25) Cfr. SAN GIOVANNI DELLA CROCE. Dichos de Luz y Amor, n.59.
In: Vida y Obras. 5.ed. Madrid: BAC, 1964, p.963.
26) Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., II-II, q.104, a.4, ad 3.
27) Cfr. Idem, a.1; a.4.
28) Cfr. Idem, a.3, ad 1.
29) Idem, a.3.
Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” da Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.
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